Abrogare il feedback e erogare la mission: il cattivo italiano dei burocrati
Nel 1980 uscì la prima edizione di un libro di cui continuiamo ad avere bisogno: si chiama “Guida all’uso delle parole, parlare e scrivere semplice e preciso per capire e farsi capire”. L’autore, Tullio De Mauro, è stato uno dei padri della lingua italiana: in un paese, il nostro, dove l’analfabetismo è stato una piaga fino agli anni ‘60 e dove la burocrazia ha creato un dialetto incomprensibile ai più, il professor De Mauro sperava che internet – di cui era un convinto sostenitore – ci avrebbe aiutato a scrivere e parlare meglio.
In realtà almeno per quello che riguarda i siti della pubblica amministrazione non è così: fare una pratica online vuol dire prima di tutto districarsi in un oscuro linguaggio misto di inglese e anacronismi. Che fare? Oggi la ministra della Funzione Pubblica Fabiana Dadone ha firmato un accordo con l’Accademia della Crusca “per favorire il buon uso della lingua italiana nella comunicazione con i cittadini”. Come? Qualche giorno fa è uscita la prima Guida al linguaggio della pubblica amministrazione, appena rilanciata dal ministro dell’Innovazione Paola Pisano. E’ un documento interessante, che oltre ai suggerimenti di scrittura e al tono di voce da usare per ogni circostanza (per esempio, è diverso il caso di chi ha perso la password rispetto a colui che ha appena pagato le multe), elenca le parole da usare e non usare. Nella lista di quelle da mettere da parte finiscono dei grandi classici del burocratese come “abrogazione, adempimento, alienazione, ammenda, erogare” sostituiti da “eliminazione, raggiungimento, vendita, multa, fornire”.
Gli inglesismi vengono quasi tutti banditi: a parte email (senza trattino), online (ammesso anche con trattino e separato), e newsletter (ricordandosi che è femminile), cadono finalmente, per far posto ad analoghe espressioni italiane, best practice, feedback, mission, contact center, help desk, guideline, e persino meeting.
Ammessi touch screen, due parole separate, ma vale anche l’improbabile schermo tattile; e username, ma meglio nome utente. Tutto ciò può sembrare una banalità e invece non lo è: in un paese con oltre dieci milioni di non utenti di internet, quasi tutti in età avanzata e scolarità elementare, è un dovere creare una rete inclusiva e facile. Il problema è che la Guida non è obbligatoria: è un consiglio. In quanti lo seguiranno? Sarebbe bene monitorarlo.
Riccardo Luna | repubblica.it | 17.2.2020